I colossi di internet fanno fronte comune con Apple nella scelta di non permettere all’FBI l’accesso all’iPhone dell’attentatore.

 

Sundar Pichai, AD di Google, ha affermato il suo appoggio alla decisione di Apple di non rispettare l’ordine del giudice, che ha chiesto all’azienda di Cupertino assistenza per ricavare informazioni importanti dall’iPhone di Syed Rizwan, uno dei due terroristi coinvolti nella sparatoria avvenuta lo scorso 2 dicembre in California.

 

Pichai, pur riconoscendo come “le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence debbano affrontare importanti sfide nel proteggere la cittadinanza dal crimine e dal terrorismo”, è dell’idea che richiedere alle società di scardinare i codici di sicurezza dei cellulari per permettere all’FBI di visionare i dati costituirebbe un precedente molto pericoloso.

 

Come anticipato, però, Pichai non è l’unico. A Tim Cook è arrivato anche il supporto di Jan Koum, CEO di Whatsapp, il quale afferma come “la nostra libertà sia a forte rischio e si debba impedire la creazione di un precedente del genere”. Nella notte si  è poi registrato anche l’appoggio dei vertici di Facebook e Twitter.

 

 

Apple: privacy o mossa di mercato?

 

Riprendiamo un secondo la questione, ripartendo dall’ordine del giudice federale Sheri Pym: nel fascicolo il magistrato ha incluso l’obbligo per Apple di eludere il codice di protezione del cellulare e quello di cancellazione automatica dei dati, per permettere agli investigatori di provare illimitatamente ad inserire il codice di sblocco.

 

Da qui la reazione di Tim Cook, che ha motivato così la sua scelta:

“La decisione di opporci a questo ordine non è qualcosa che prendiamo alla leggera. Riteniamo di dover far sentire la nostra voce di fronte a ciò che vediamo come un eccesso da parte del governo Usa”

Apple ha comunque chiesto qualche giorno per rispondere all’ingiunzione del tribunale. Il giudice federale ha così concesso a Tim Cook e soci altri tre giorni per presentare le motivazioni dell’opposizione al provvedimento.

 

In un momento come questo in cui la privacy digitale sta facendo parecchio discutere, la presa di posizione a favore della privacy di Tim Cook potrebbe trasformarsi in un’ottima pubblicità per Apple, che potrà così riscattarsi dalle accuse di essere una risorsa del sistema Prism svelato da Edward Snowden.