Sono passati dieci anni dal suo primo cinguettio, ma Twitter è in grandi difficoltà: gli utenti attivi non crescono, i dirigenti se ne vanno e le perdite accumulate sono pari a 2 miliardi di dollari.

 

Ieri Twitter ha festeggiato il suo decimo compleanno; il 21 marzo 2006 Jack Dorsey lanciò infatti il primo tweet della storia: «just setting up my twttr».

 

 

Ma il social in borsa non riesce a decollare: era quotato nel 2013 a 25 miliardi di dollari e ora ne vale poco più della metà; negli ultimi anni alla guida dell’azienda si sono verificati troppi cambi, e questo non aiuta certo a stabilizzarsi e crescere. Eppure proprio grazie a Twitter oggi gli hashtag sono diventati uno strumento fondamentale di aggregazione tematica; inoltre sembra essere il social più amato da politici e giornalisti di tutto il mondo.

 

 

infografica Twitter

 

 

Ma allora perché l’uccellino più famoso della rete non riesce a spiccare il volo?

 

Vediamo qualche numero: gli utenti registrati su Twitter sono 320 milioni, contro i 1,5 miliardi di Facebook, il miliardo di YouTube e i 900 milioni di Whatsapp. In basso nella classifica troviamo Instagram con 400 milioni di utenti, LinkedIn con 414 milioni e Google+ con 400 milioni. Twitter fa più fatica di tutti gli altri social quindi, ma nello stesso tempo è diventato indispensabile per la comunicazione politica e per le breaking news, tanto che gli stessi giornalisti lo usano come primo strumento per diffondere notizie. I suoi 140 caratteri sono sinonimo di chiarezza, velocità e immediatezza, ed è per questo che è il social più amato dal mondo politico e da quello dei media: i tweet sono diretti, semplici, arrivano subito al punto e al cuore delle persone. Obama e il Papa ne sanno qualcosa, visto che il primo ha superato i 72 milioni di follower e il secondo conta 8 account in varie lingue con un totale di 27 milioni di seguaci.

 

Cosa c’è non va in Twitter?

 

Il problema è che Twitter è visto dall’utente medio solo come una piattaforma di comunicazione, che diffonde notizie, e nulla più. Per la maggior parte delle persone è un social difficile da utilizzare, con il quale si fa fatica a farsi ascoltare vista la mole enorme di tweet che ogni giorno vengono pubblicati.
E su un social concepito per ricordare il mormorio di una piazza affollatissima, in cui si parlano diverse lingue e dove nascono ogni secondo tendenze e opinioni diverse, è difficile controllare anche abusi, forme di razzismo e messaggi propagandistici: non è un caso infatti che siano stati chiusi 125 mila account legati agli jihadisti. Se da una parte è oggettivamente complicato tenere sott’occhio tutto ciò che su Twitter viene pubblicato, dall’altra è indubbio il suo impatto sulle persone e la straordinaria capacità di veicolare in tempo reale notizie e fatti del mondo: per ricordare un caso nostrano, pensiamo all’utilità che esso ha avuto durante il terremoto dell’Emilia nel 2012.

 

Qual è quindi il futuro di Twitter?

 

Twitter dopo dieci anni di vita (un tempo enorme per un social network) fa fatica a trovare la sua identità, e di certo l’effimerità che lo caratterizza non lo aiuta a posizionarsi in maniera forte tra gli altri concorrenti. È giunto il momento per Twitter di ripensarsi e di affermare una sua propria personalità, che lo renda forte e in grado di contrastare efficacemente l’egemonia dei suoi competitor: ha tutte le potenzialità per imporsi come il più grande “telegiornale” del mondo, ma deve seriamente crederci e investire su nuove forme di monetizzazione.