Secondo de Guttry, docente di Diritto Internazionale, poche realtà si sono rese conto delle potenziali conseguenze che potrebbe portare un cyber attacco.

 

 

Secondo il rapporto 2016 del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, lo scorso anno si è registrato un aumento del 30% di eventi di cyber crime: dagli 873 attacchi gravi del 2014 ai 1.012 del 2015. Dati che dimostrano chiaramente come l’Italia e tutto il mondo siano assolutamente esposti ai cyber attacchi.

 

Il problema italiano – osserva Andrea de Guttry, titolare della cattedra di Diritto internazionale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – è che in generale si ha ancora poca consapevolezza delle minacce e delle conseguenze potenziali dei cyber attacchi. Soprattutto a livello individuale, di imprese private e di mondo industriale.

 

Purtroppo si registrano numerosi esempi di piccole imprese che hanno subito il furto di un patrimonio molto importante di informazioni perché non preparate in maniera corretta. Gli strumenti a disposizione per difendersi ci sono, ciò che deve cambiare è l’atteggiamento. Occorre essere consapevoli dell’importanza dei rischi e delle possibilità di minimizzarli.

 

 

Stato e cyber attacchi

 

Quanto ai possibili attacchi alle infrastrutture, questo il de Guttry pensiero:

“Nessuno Stato è pronto al 100% a fronteggiare un effettivo cyber attacco alle infrastrutture sensibili. C’è bisogno di un forte partenariato pubblico-privato. Il pubblico da solo non ce la fa, occorre trovare nuove forme di collaborazione. Le potenziali conseguenze di un cyber attacco lanciato contro obiettivi sensibili sono drammatiche. Quindi credo che dobbiamo rafforzare ulteriormente le nostre misure di difesa per essere più efficienti nella prevenzione di questo tipo di crimine”.

 

Alla luce di questo si può davvero parlare di cyber war?

“Probabilmente sì. Il problema è stato posto ed è discusso in molti fori internazionali perché è chiaro che questo è stato identificato come un elemento di debolezza del sistema occidentale, molto dipendente dalla tecnologia. Bisogna rafforzare la diffusione dell’informazione, rendere il sistema Paese consapevole di quelli che sono i rischi”.