Una sentenza della Corte UE dichiara invalida la decisione della Commissione Europea secondo la quale gli Stati Uniti garantirebbero la privacy ed un livello accettabile di protezione dei dati personali.

La sentenza è l’ultimo capitolo della storia di Maximilian Schrems, 27enne studente di legge di Vienna, che quattro anni fa denunciò la raccolta dei propri dati personali da parte di Facebook, in contravvenzione alle normative europee sulla privacy.

 

La causa aveva come scopo quello di impedire il trasferimento dei dati dei cittadini europei a paesi non in grado di garantirne la sicurezza. Trasferimento che gli U.S.A. effettuavano grazie all’accordo Safe Harbor, agevolando le operazioni di sorveglianza della National Security Agency.

 

Passando dall’Alta Corte di giustizia irlandese, il caso Schrems è arrivato all’organo giuridico europeo, il quale ha conferito alle autorità irlandesi il diritto di giudicare la protezione di privacy e dati fornita dagli Stati Uniti, sottolineando che il Safe Harbor non può limitare tale potere di controllo da parte degli enti nazionali.

 

Facebook e gli U.S.A. dovranno ritrattare i termini della privacy online?

 

La sentenza è certamente un sasso nella scarpa del colosso social, il quale, tramite un portavoce, ha dichiarato di non aver mai commesso illeciti e di non sentirsi tirato in causa, ma anche aggiunto come sia “imperativo che i governi dell’Unione europea e quello statunitense assicurino di continuare a fornire metodi affidabili per il trasferimento legale di dati e di risolvere qualsiasi questione relativa alla sicurezza nazionale”.

 

Stessa storia per il governo statunitense, al quale la sentenza potrebbe impedire in futuro di acquisire dati oltreoceano, trovandosi così molto limitato nel servizio di monitoraggio.

 

Staremo a vedere se la sentenza porterà ad una riscrittura del Safe Harbor e come influenzerà i rapporti tra i governi europei e quello americano.