L’attività di Facebook paragonata a quella della National Security Agency. Ma dal quartier generale minimizzano. E noi utenti come possiamo tutelarci?

 

Che la battaglia abbia inizio. A dare il via Frederic Debussere, l’avvocato che sta seguendo la crociata del governo delle fiandre contro il social network, con queste dichiarazioni:

Quando si è saputo che la NSA stava spiando persone di tutto il mondo, tutti rimasero sconvolti. Ma Facebook sta facendo la stessa cosa, anche se in modo diverso.

La commissione ha portato in tribunale Facebook con l’accusa di calpestare ogni diritto sulla privacy nei confronti dei cittadini europei. Il popolare social network di Mark Zuckerberg infatti non solo traccerebbe ogni utente iscritto (più di un miliardo di persone in tutto il mondo), ma profilerebbe tutti, anche gli utenti non iscritti. Come? Grazie ai cookie e contro ogni regola sulla privacy prevista dalle leggi europee. Per questo Facebook rischia una multa salatissima.

Zuckerberg e il suo team, dal canto loro, negano ogni accusa, anzi rilanciano come la loro policy protegga i propri utenti (da spam e attacchi) e sia ampiamente conforme ai diritti comunitari. Dove sta quindi la verità? Nel mezzo, sembrerebbe.

Infatti, battaglie legali a parte, la notizia (verificata) di questi giorni è che Facebook ha cominciato ad utilizzare le informazioni raccolte al di fuori del social network per scopi pubblicitari. Basterà infatti che una pagina abbia al suo interno i famigerati tasti mi piace o condividi per reperire dati importantissimi da riversare nella nostra timeline, che sarà così piena di contenuti pertinenti a quelli cercati nel web.

Qualcuno potrebbe ribattere quale sia la vera notizia, dato che Facebook è dal lontano 2010 che traccia, grazie ai tasti di condivisione social, gli utenti fuori dal web. Quello che fa scalpore è che i vertici del social di Zuckerberg avevano dichiarato, almeno ufficialmente, di non voler utilizzare questi dati per ottenere benefici pubblicitari.

Sappiamo bene però come il business abbia poco a che vedere con la morale e di conseguenza la privacy diventa la preziosissima merce di scambio con cui paghiamo la gratuità di un servizio come Facebook.

Un servizio che, grazie all’utilizzo di tutti questi dati precedentemente raccolti, diventa sicuramente performante, vista la mole di utenti del web e le preziosissime informazioni reperite, ma anche assolutamente fruttuoso (in termini economici) per il social network.

E noi utenti? Non abbiamo nessuna possibilità di difesa?

Se da un lato non possiamo impedire la raccolta di dati, fortunatamente ci è permesso di settare (alla voce inserzioni, a questo link) se non vogliamo vedere le cosiddette inserzioni basate sul modo in cui uso siti Web e applicazioni.

Che sia solamente un modo per gettare acqua sul fuoco?

La battaglia, comunque, non sembra certo finita qua.