Secondo gli USA ci sarebbe la mano di Kim Jong-un dietro l’attacco informatico ransomware WannaCry, che a maggio bloccò e ricattò diversi sistemi.

 

Dopo mesi di sospetti, gli USA hanno ufficialmente accusato la Corea del Nord di aver scatenato l’attacco informatico ransomware conosciuto col nome di WannaCry. Il software di natura maligna sfruttava una vulnerabilità nell’obsoleto protocollo SMBv1 (presente nelle vecchie versioni di Windows, il 7 su tutte) ed era stato scoperto dall’NSA, l’agenzia per la sicurezza nazionale statunitense.

 

Una volta entrato, WannaCry criptava tutto il contenuto degli hard disk dei sistemi infettati, chiedendo successivamente un riscatto in bitcoin per poterli ‘liberare’. Stando ai dati in nostro possesso, si stima che siano stati colpiti quasi 200.000 sistemi in diversi paesi. Tra le vittime illustri del ransomware ricordiamo il servizio sanitario nazionale britannico, in grande difficoltà per svariati giorni.

 

I sospetti sulla Corea del Nord erano stati evidenziati fin da subito da quasi tutti gli esperti e le agenzie di intelligence che avevano studiato a fondo la questione. Poche ore fa, il consulente del servizio di sicurezza nazionale Thomas P. Bossert ha condannato pubblicamente il governo di Kim Jong-un.

L’attacco ha criptato e reso inutili centinaia di migliaia di computer in ospedali, scuole, aziende e case. Anche se le vittime hanno ricevuto richieste di riscatto, il pagamento non ha sbloccato i loro computer. È stata un’azione codarda, costosa e scellerata. L’attacco è stato molto diffuso ed è costato miliardi, e la Corea del Nord ne è direttamente responsabile.

 

Bossert ha poi aggiunto che gli Stati Uniti lavoreranno per potenziare ulteriormente le proprie difese informatiche, ma al tempo stesso si attiveranno affinché la Corea del Nord risponda delle proprie azioni. Non si registra, al momento, alcuna reazione alle accuse dal governo di Pyongyang.