Dopo più di un mese dall’entrata in vigore del Privacy Shield, sono solamente 35 le aziende statunitensi che hanno avviato le procedure di adeguamento.

 

A un mese dall’entrata in vigore del Privacy Shield, la nuova normativa sul traffico transatlantico di dati, solo 35 aziende degli Stati Uniti hanno fatto il primo passo verso l’adeguamento. Tra queste appare Microsoft, mentre risultano ancora inadempienti colossi come Google, Amazon e addirittura Facebook. Paradossale senza dubbio la mancanza all’appello del social di Mark Zuckerberg, visto che contro di esso si era scagliato l’attivista Max Schrems, ottenendo con la sua battaglia l’azzeramento del precedente Safe Harbour in favore del nuovo Privacy Shield.

 

Per allinearsi alla nuova normativa, un’azienda degli Stati Uniti deve depositare presso il Dipartimento del Commercio un’autocertificazione in cui comunica l’adeguamento al nuovo regolamento. Anche se volontario, l’atto di autocertificazione determina un vero e proprio vincolo di rispetto dei nuovi requisiti richiesti dall’accordo. Entrato in vigore lo scorso 12 luglio, il Privacy Shield ha fatto partire nei primi gironi di agosto la fase di autocertificazione. A tenere il conteggio delle aziende allineate è il sito del governo statunitense, dove troviamo, oltre a Microsoft, anche altri player come Workday e Salesforce.

 

 

Autocertificazione in arrivo per Amazon e Google

 

Se di Facebook non si hanno ancora notizie a riguardo, da Google arrivano importanti indicazioni secondo cui l’autocertificazione potrebbe arrivare presto. Questo infatti il pensiero di Caroline Atkinson, responsabile delle politiche pubbliche di Google, apparso sul blog aziendale: “L’Unione europea ha adottato il nuovo Privacy Shield. Noi applaudiamo a questo risultato che dimostra come UE e USA condividano importanti valori e sappiano lavorare insieme per proteggere il diritto fondamentale alla privacy. Seguendo l’accordo assicureremo che tutti i nostri prodotti e i nostri servizi rispettino gli standard del Privacy Shield”.

 

Anche Amazon, dal canto suo, ha pubblicato un post sul blog aziendale in cui assicura che l’azienda di commercio elettronico si sta muovendo per produrre la propria autocertificazione, affidata a Stephen Schmidt, Chief information security officer dell’impresa. Amazon, si legge nell’articolo, “sta adempiendo le pratiche necessarie per certificare il proprio rispetto verso le regole stabilite dal recente Privacy Shield”.