Vanity metrics: cosa salvare e cosa no di alcune metriche sopravvalutate
Follower, clic, engagement rate: nel 2019 servono ancora a calcolare il successo della comunicazione online?
C’erano una volta social network e siti web in cui contavano moltissimo follower, clic e traffico: più i numeri di queste metriche erano alte, più agenzie e clienti vivevano felici e contenti. Poi, un giorno, gli algoritmi di Facebook e Google cambiarono e niente fu come prima. O meglio: tutto rimase com’era, ma l’ordine di importanza delle metriche si modificò e la misurazione dei risultati risultò in tantino più complicata del previsto.
Fuor di metafora, sulle piattaforme social e negli Analytics dei siti web, spesso e volentieri vengono prese in esame delle metriche un po’ sopravvalutate e “inutili” alla misurazione dei risultati reali di una comunicazione online.
Queste metriche vengono chiamate vanity metrics, metriche di vanità: questo perché misurano dei risultati che sono già sotto agli occhi di tutti e non dicono molto sul reale andamento di post (organici o a pagamento) e pagine web. Insomma, i numeri delle vanity metrics sono molto lusinghieri, ma nel concreto si rivelano veramente poco significativi.
Ti fermiamo subito: non stiamo dicendo che visite al sito, follower e visualizzazioni non contino più nulla. Stiamo dicendo che queste metriche, prese da sole, isolate e messe sul piedistallo vengono svuotate di senso a un livello operativo!
Facciamo un esempio pratico: supponiamo che un sito web abbia 10mila visite. Questo dato, da solo, ci può dare indicazioni precise su quale attività intrapresa abbia effettivamente portato al raggiungimento di tale numero? La risposta è no: il numero di sessioni, isolato dal contesto, non ci dice proprio nulla su quali azioni abbiano contribuito al raggiungimento dell’obiettivo.
Dalle actionable metrics agli actionable insights
Sarà per questo che Forbes parla di actionable insights invece che di actionable metrics, ovvero: definire quei dati che possono essere trasformati in informazioni concrete a livello operativo. Secondo Forbes, gli attributi che rendono actionable, ovvero processabili, gli insights sono i seguenti.
L’allineamento agli obiettivi di business
Quando un insight è strettamente legato ai tuoi obiettivi aziendali o alle iniziative strategiche, è più probabile che guidi un’azione tattica. Le informazioni basate su indicatori chiave di prestazione (KPI) e altre metriche chiave innescano intrinsecamente un senso di urgenza rispetto ad altri dati. È più facile interpretare e convertire gli insights strategicamente allineati con gli obiettivi aziendali in risposte tattiche poiché spesso si riferiscono direttamente ad aspetti della tua attività si cui sei già focalizzato.
Il contesto
Se un insight non è contestualizzato risulta molto difficile comprenderne l’importanza. Se, per esempio, acquisisci 100 lead, dovrai chiederti in che percentuale i contatti ottenuti siano maggiori o inferiori rispetto a un periodo di riferimento!
Rilevanza, specificità e chiarezza
Altri attributi che rendono processabili gli insights sono:
- la rilevanza, intesa come pertinenza, ossia la necessità di raggiungere i decision maker nel momento giusto
- la specificità, intesa come completezza e ricchezza di dettagli degli insights
- la chiarezza: se le persone non comprendono chiaramente il significato di un insight, perché è importante e in che modo può essere d’aiuto, sarà trascurato e dimenticato.
La novità
Gli insight che descrivono nuovi pattern sono molto più significativi rispetto a quelli che rappresentano eventi già noti ai vertici aziendali: concentriamoci sui primi!
Vanity metrics vs informazioni rilevanti
A cosa dovresti porre attenzione, quindi, quando misuri campagne e successo di un sito?
Numero di fan su Facebook e tasso di engagement
Invece di concentrarti sul mero numero dei fan di una pagina su Facebook, è molto più utile guardare al tasso di coinvolgimento generato dai post della pagina. A cosa serve avere 50mila fan se nessuno di questi interagisce con quello che pubblichi? Puoi visualizzare gratuitamente il tasso di coinvolgimento dei post su Facebook nella sezione “Post” una volta cliccato su Insights.
Traffico sul sito vs frequenza di rimbalzo
Il numero di visitatori non ti dice nulla sulla loro provenienza e non ti suggerisce quali sono le pagine che funzionano meglio. Tenere sotto controllo la frequenza di rimbalzo, ovvero la percentuale di persone che visitano una pagina web e la abbandonano subito, ti indica concretamente qual è il livello di interesse suscitato dalle pagine del tuo sito negli utenti che lo visitano.
Clic vs CTR
Le campagne online è meglio misurarle controllando la metrica del CTR (click-through rate) piuttosto che i clic. Il CTR misura la percentuale di clic ricevuta da un annuncio rispetto al numero di volte in cui è stato visualizzato. È il CTR che ti può dire quanto sono considerati “attraenti” e pertinenti i tuoi annunci dal pubblico ai quali li sottoponi!
Le vanity metrics non sono inutili (se le sai usare)
Come abbiamo già detto in precedenza, le vanity metrics non sono totalmente da buttare, ma vanno contestualizzate. Ad esempio, i like ad un post, che presi da soli e astratti dal contesto non ti dicono nulla sul tuo pubblico, potrebbero essere utilizzati per creare un pubblico di remarketing. Potresti creare una campagna profilata su un pubblico personalizzato in base alle interazioni con gli ultimi post pubblicati, colpendo un gruppo di persone che ha già mostrato interesse per la tua azienda.
Concludendo, possiamo dirti che esistono delle metriche che hanno bisogno di essere contestualizzate e rapportate ai tuoi obiettivi di business se vuoi prendere decisioni strategiche e produrre un ritorno sull’investimento!