Una minaccia, quella informatica, che sta creando cambiamenti anche all’interno delle forze armate di tutti i paesi.

Chi di Internet ferisce, di Internet perisce.

Dopo i recenti attacchi hacker partiti dal Medio Oriente che hanno preso di mira testate giornalistiche mondiali, come il Guardian, l’Indipendent, Forbes, Nbc, Al Jazeera e Repubblica, c’è da chiedersi come stiano cambiando oggi i conflitti. I campi di battaglia sono diventati anche quelli telematici.

 

“Quella che da molti è definita un nuovo tipo di guerra, in realtà ha molto in comune con le operazioni di combattimento tradizionali, il computer è solo un’arma in più nell’arsenale”, scrive il politologo americano Peter W. Singer nel saggio Cibersecurity and Ciberwar: What Everyboy Needs to Know, ossia: Tutto quello che dobbiamo sapere sulla sicurezza e sulla guerra informatica.

Nel libro, Singer parla di un fatto realmente accaduto nel 2006, conosciuto a pochi. Un alto funzionario in visita a Londra, lascia per alcune ore il suo computer portatile incustodito in hotel. Alcuni agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, si intrufolano in camera e installano una microspia software nella memoria del pc, per intercettare tutte le informazioni. Tra le foto ottenute, c’è quella di un uomo asiatico in tuta blu in mezzo al deserto vicino a un uomo arabo. Con i riconoscimenti facciali digitali, il Mossad identifica i due personaggi in Chon Chibu, leader del programma nucleare della Corea del Nord, e Ibrahim Othman, direttore dell’Atomic energy commission siriana. Quest’informazione, integrata ad altre intercettazioni, ha permesso al Mossad di venire a conoscenza dell’impianto in costruzione a opera dei siriani, necessario per la costruzione di una bomba nucleare.

Forti di questa intelligence digitale, gli israeliani hanno messo in piedi l’operazione Orchard e inviato sette aerei a bombardare la centrale segreta. Le difese siriane sono rimaste spente per tutta la notte. Secondo Singer, “nel conflitto 2.0, quello che si sta già combattendo, le nazioni verranno colpite sempre più da attacchi informatici capaci di fare molti più danni e vittime delle bombe vere“.

Nel complesso di Fort Meade nel Maryland, sede del Cybercommand e della National security agency americana, ci sono più dipendenti che al Pentagono.

 

Ogni paese sta arruolando un ciberesercito per combattere su questo fronte.

Anche l’Italia si è adeguata, e a gennaio è diventato operativo il “Piano nazionale per la protezione e la sicurezza informatica”, unito al Nucleo per la sicurezza cibernetica (Ncs), istituito nell’ambito dell?ufficio del consigliere militare del presidente del Consiglio. Mossa fondamentale da quando l’Unione Europea ha chiesto a tutti i paesi membri di istituire un Computer emergency response team (Cert) in grado di reagire tempestivamente a eventuali attacchi informatici.

 

Il compito di questi soldati informatici? Mandare in tilt centrali nucleari, lasciare l buip le città, bloccare le comunicazioni, interrompere l’erogazione d’acqua.

Durante un’esercitazione nel 2010, ad esempio, un errore del software mandò in tilt il sistema gps americano: 10 mila militari rimasti al buio, senza coordinate. Nessuno riusciva più a muoversi.

 

Ma sulla linea di tiro non ci sono solo paesi e istituzioni. Secondo il Financial Times, esiste un nuovo software spia capace di celarsi e infettare milioni di computer da oltre sei anni.