La prima parte del 2018 sarà ricordata per i numerosi attacchi ransomware. Nonostante questo dato, l’Italia investe ancora troppo poco in cybersecurity.

 

Non si può certo dire che l’Italia, settima potenza economica al mondo, abbia iniziato bene il 2018, dal punto di vista della cybersecurity. Dopo che già nella prima metà dell’anno scorso lo 0,5% dei computer dell’infrastruttura industriale era stato attaccato da ransomware almeno una volta, tra marzo e aprile 2018 siamo risultati la nazione più bersagliata dell’Europa centro-meridionale.

 

Nonostante il numero di “attacchi gravi” alle infrastrutture digitali sia in continua crescita, l’Italia investe ancora troppo poco per difendersi. E così questa prima metà dell’anno sarà ricordata soprattutto per i molteplici attacchi tramite virus ransomware, che bloccano i documenti e chiedono un riscatto per rientrarne in possesso.

 

Uno scenario che si traduce in milioni di dollari sperperati per pagare i riscatti o ripristinare sicurezza ed efficienza dei sistemi informatici danneggiati. Senza dimenticare la proprietà intellettuale trafugata e i posti di lavoro messi a repentaglio.

 

Alla luce di ciò, sembrano davvero inadeguati i 150 milioni di € stanziati dalla Legge di stabilità italiana del 2016 per un “rafforzamento del Servizio della Polizia postale e delle comunicazioni”. Soprattutto se li proviamo a confrontare con i quasi 2,2 miliardi di € previsti dal governo britannico in 5 anni tramite la National Cyber Security Strategy 2016 to 2021.