Facebook, Twitter, Instagram: ora tutti hanno l’algoritmo. Ed è lotta per accaparrarsi utenti e pubblicità.

 

Facebook l’ha introdotto del 2009, Twitter a febbraio, Instagram poche settimane fa: l’algoritmo “della qualità”, quello che ci fa vedere i contenuti non più in base all’ordine cronologico ma basandosi sui nostri potenziali interessi, è ormai lo strumento fondamentale attraverso il quale i social accrescono i guadagni. È indubbiamente vero che la user experience dei frequentatori di social è cambiata grazie a questi calcoli matematici: ora visualizziamo subito quello che più ci piace, senza scorrere all’infinito con il dito sullo smartphone alla ricerca di qualcosa di interessante da leggere, vedere o ascoltare. Un po’ come facciamo nella vita “reale”, scegliendo amici e passatempi.

 

 

Se gli utenti privati hanno già metabolizzato l’introduzione dell’algoritmo, le aziende invece ci stanno ancora facendo i conti: ad oggi, se i contenuti non vengono sponsorizzati i guadagni calano a picco, poiché non sono visibili a tutti come un tempo. Le aziende che finora sono riuscite ad aumentare la loro notorietà facendo affidamento sul sistema di visualizzazione cronologico oggi rischiano di subire un arresto, e la ripresa potrà avvenire solo passando ad un modello a pagamento che permetta la stessa visibilità del periodo antecedente all’algoritmo.

 

Algoritmo social network

 

Ma sappiamo di preciso in cosa consiste l’algoritmo?

 

 

Nessuno lo sa bene. Sappiamo che EdgeRank, l’algoritmo di Facebook, assegna un valore ad ogni interazione tra utenti, e se il numero delle interazioni con il passare del tempo cala, diminuisce anche la visibilità del profilo. L’algoritmo di Zuckerberg ha già avuto diverse modifiche, come quella per ripescare vecchi contenuti (visibili se però creano nuove interazioni).

 

Per Twitter le cose sono un po’ diverse: l’algoritmo è stato introdotto a febbraio e rispetto a Facebook l’utente può scegliere se attivarlo ed eventualmente disattivarlo. Il CEO Jack Dorsey ha voluto però creare la sezione “Mentre eri via”, che contiene la crème de la crème dei contenuti pubblicati quando l’utente non era connesso: un po’ come a voler sottolineare che in fondo fidarsi dell’algoritmo non è poi così sbagliato. Introdurre l’algoritmo per Twitter è stata una necessità: non dettata dall’esigenza di dare un valore ai tweet quanto piuttosto per convincere le persone ad utilizzare il social, che soffre per mancanza di nuovi iscritti.

 

Instagram invece sta crescendo sempre di più e non incontra le difficoltà di Twitter a farsi capire dagli utenti: ha superato il traguardo dei 400 milioni di iscritti e con l’algortitmo cercherà di ordinare immagini e video; il sistema è ancora in fase di test e dovremmo aspettare ancora un po’ per vedere come cambierà il news feed.

 

Certo è che i social decidono di cambiare rotta ogni volta che raggiungono un grado di popolarità tale da confondere gli utenti, facendoli “navigare” tra migliaia di contenuti disordinati: l’algoritmo rappresenta in questo senso una sorta di selezionatore che sceglie per noi gli argomenti giusti da vedere.