Secondo alcuni utenti, il riconoscimento volti violerebbe la privacy garantita dalle leggi dell’Illinois.

 

Altro episodio di cavilli legali per Mark Zuckerberg, che ha visto la sua società citata in giudizio da alcuni utenti dell’Illinois in merito al sistema di tag automatici nelle foto: la funzione, che permette di riconoscere le persone presenti nelle foto con risultati precisi al 97%, violerebbe le normative vigenti nello stato per la raccolta di dati biometrici. La legge in questione comprende anche elementi come le impronte digitali e scansioni della retina, prevede che il trattamento dei dati venga reso esplicito tramite informative chiare e che gli utenti accettino tale trattamento.

 

La peculiarità di questo caso è legato alle fotografie, dal momento che non sono materiale che generalmente viene inteso come biometrico. Tuttavia, l’analisi dei volti e la funzione automatica (e quindi che esula dal consenso) di inserimento dei tag rappresentano, per gli accusatori, elementi più che sufficienti per far rientrare il caso sotto il BIPA (Biometric Information Privacy Act), ossia la legge in questione. A questa considerazione si aggiunge il rischio che milioni di utenti rimangono all’oscuro dei mezzi e dei database che Facebook adopera per il raccoglimento di tali dati.

 

Tutt’altro che un problema locale

 

Sebbene il caso sia legato all’Illinois e alla sua legislazione, un’eventuale sconfitta del gigante social potrebbe dare alla questione una portata mondiale. Attualmente Facebook sta negando le accuse, insistendo sul fatto che i propri termini di servizio sono legati esclusivamente alle leggi della California e a quelle federali. Ciò non è però bastato per impedire al giudice responsabile di portare avanti il caso, che, se dovesse vedere vincitori gli utenti, implicherebbe:

  • Un cambiamento della policy a livello mondiale
    Se un gruppo di utenti rivendica con successo il diritto alla privacy, è molto probabile che, a parità di condizioni, altri utenti in altri paesi si appellino a questo episodio. Questo costringerebbe Facebook a fornire una policy chiara ed effettiva in merito alla funzione di riconoscimento facciale che sia valida per tutti gli utenti, indipendentemente dalla provenienza.

 

  • Un segnale per chi sta investendo nel riconoscimento volti
    Facebook non è l’unico ad aver lavorato su un sistema di scansione dei dati biometrici facciali: anche Google ha annunciato funzioni simili e probabilmente dovrà affrontare le stesse problematiche. Problematiche affrontate anche dalla compagnia di fotografia digitale Shutterfly, la quale, non avendo a disposizione i permessi necessari a conservare ed analizzare le foto di alcuni utenti, ha infranto le suddette leggi dell’Illinois. Insomma, il caso Facebook potrebbe creare un precedente per tutte le nuove realtà legate a questa tecnologia.

 

Gli sviluppo processuali dei prossimi giorni ci diranno chi la spunterà e se all’implementazione tecnologica seguirà un’adeguata regolamentazione per quello che riguarda la privacy degli utenti.