I vertici di Facebook tornano a parlare di acquisizione dati degli utenti: una pratica diffusa non solo a Menlo Park, ma anche in Google, Amazon e altri colossi del web.

 

In una delle Hard questions pubblicata nella newsroom di Facebook (una sorta di serie attraverso la quale il social cerca di spiegare l’impatto dei suoi prodotti sulla società), il Product Management Director David Baser afferma chiaramente che Facebook non è l’unico colosso del web a raccogliere i dati degli utenti.

A una settimana dalle dichiarazioni di Mark Zuckerberg al Congresso degli Stati Uniti, i vertici di Facebook tornano a parlare di acquisizione dati e spiegando come vengono raccolte informazioni anche quando un utente non è collegato o iscritto alla piattaforma. E poi, come a voler minimizzare l’accaduto e quasi per cercare una sorta di giustificazione agli eventi, Baser dichiara che questa è “Una pratica comune nel settore”, che attuano anche i colossi Google, Twitter e LinkedIn.

Twitter, Pinterest, LinkedIn hanno simili bottoni (Mi piace e Condividi) che aiutano le persone a condividere cose sulle loro pagine. Google dispone di un popolare servizio di analisi (Google Analytics, ndr). Amazon, Google e Twitter richiedono tutti il login. Queste società – e molte altre – offrono anche servizi pubblicitari. Infatti molti siti e app inviano le stesse informazioni a diverse aziende ogni volta che il visitatore accede alla pagina.

Dichiara David Baser.

 

Facebook e raccolta dati: tentativo di giustificarsi?

Il tentativo di Facebook è quello di chiarire il proprio comportamento e quello di altre società simili: raccogliere i dati sugli utenti per migliorare la pubblicità, ovvero per renderla più mirata. Le informazioni personali – almeno in linea teorica – non devono essere vendute a terzi. Il polverone che lo scandalo Cambridge Analytica ha creato attorno a Facebook dimostra però che le cose non sono sempre così chiare e limpide: e se succedesse anche ad Amazon e a Google?

Il sito Mashable elencato i dati che Amazon e Google possiedono su di noi: “Entrambe le società raccolgono una grande quantità di dati sulle persone che usano i loro servizi, ma ancora non sono state messe sotto esame come invece è stato messo Facebook. Per essere precisi, Google e Amazon non sono Facebook, ma la quantità di informazioni che possiedono sugli americani comporta comunque il rischio che qualcuno possa approfittarne”, scrive Jack Morse.

 

I dati raccolti da Amazon e Google

Amazon, ad esempio, raccoglie le informazioni che vengono fornite alla pagina (nome, indirizzo, numero di telefono, carta di credito), quelle riguardanti nomi e indirizzi dei diversi destinatari della merce comprata, quelle riguardanti il dispositivo dal quale ci si connette e il luogo, ma non solo. Raccoglie anche le informazioni riguardanti i prodotti cercati, visualizzati o acquistati in precedenza.

Google raccoglie tutto ciò che può sugli utenti. Da Gmail a Google Maps, da Youtube a Chrome: sono moltissimi gli strumenti di cui ci si può servire, offerti da Google. I dati raccolti su ognuno di noi sono quindi moltissimi e spaziano dal nostro nome ai siti web che visitiamo, dai video che vediamo alle informazioni sui dispositivi che usiamo, dalle foto che carichiamo al luogo in cui ci troviamo.

Dovremmo preoccuparci? Come Facebook, anche Google insiste sul fatto che non ha mai avuto e non ha intenzione di vendere quei dati: “Li usiamo per mostrarvi pubblicità mirate – ha spiegato Nate Cardozo dell’Electonic Frontier Foundation a Mashable – ma non vendiamo informazioni personali come il vostro nome, il vostro indirizzo email e quelle sulla vostra carta di credito”.