L’authority russa ha chiesto di bloccare LinkedIn, reo di non aver immagazzinato i dati degli utenti sui server russi. A rischio anche gli altri colossi.

 

LinkedIn diventa il primo dei grandi social network ad essere bloccato dalle autorità russe. Il social, pensato per far incontrare i professionisti e creare occasioni di lavoro, avrebbe infranto la legge del 2014, che chiede ai siti web di trasferire ed archiviare i dati degli utenti russi su server localizzati nel territorio russo. Cosa che non avrebbe fatto la società statunitense, stando all’authority per le comunicazioni Roskomnadzor.

 

Secondo l’agenzia di stampa Interfax, LinkedIn, che in Russia vanta 6 milioni di utenti, sarà bloccato nel giro di 24 ore. I vertici del social non hanno, al momento, commentato la decisione, ma si sono limitati a far notare nei giorni scorsi come una mossa di questo genere avrebbe privato milioni di utenti ed imprese di uno strumento utile per il proprio business.

 

Stando alla versione di Mosca, per LinkedIn gli scandali hanno avuto inizio nel 2010, quando il social perse i dati degli utenti. Alla luce di questo fatto, questa estate l’authority russa avrebbe inviato due lettere informative, chiedendo lumi sull’andamento del processo di attuazione della legge sulla localizzazione dei dati personali. A queste, sempre secondo i Russi, la società statunitense non avrebbe fornito risposta.

 

 

Il blocco di LinkedIn come preludio ad un attacco social?

 

Oltre a LinkedIn, altri colossi USA sarebbero a forte rischio, dal momento che anche loro non rispettano lo stesso requisito sul trattamento dei dati in server localizzati nel territorio russo. Tra questi citiamo i vari Facebook, Twitter ed anche il motore di ricerca Google.

 

Al momento però nessuna di queste società ha proclamato o preannunciato di aver intenzione di adeguarsi alla norma. È anche vero però che Mosca non ha messo nessuno di loro nel mirino, come invece era avvenuto da tempo con LinkedIn. I più drastici, però, leggono la mossa del blocco nel contesto di un più generale attacco ai social network, in un Paese che sta sempre più intensificando il controllo sul web.