Anche Twitter deve fare i conti con le regole del GDPR: a essere messo sotto accusa dai commissari europei è il sistema di short link della piattaforma e la raccolta dati effettuata tramite il tool.

 

L’Europa ha avviato un’indagine per capire se e quanti dati Twitter raccoglie tramite t.co, il suo sistema di short link, o di abbreviazione dell’URL.

L’indagine nasce da una richiesta di un professore britannico di nome Michael Veale, che coinvolge il Regolamento generale sulla protezione dei dati, il GDPR. Ai sensi del GDPR, i cittadini dell’UE hanno il diritto a richiedere qualsiasi informazione sui propri dati personali raccolti da una determinata società, ma nel momento in cui Veale ha inoltrato tale richiesta a Twitter, la società ha risposto di non avere dati provenienti dal servizio di short link. Veale si è insospettito e ha scritto al garante della privacy per vedere se Twitter stesse trattenendo alcuni dei suoi dati, violando la legge.

L’inchiesta, riportata per la prima volta da Fortune, è stata confermata in una lettera venuta in possesso dal sito The Verge, inviata a Veale dall’ufficio irlandese Data Privacy Commissioner:

Il DPC ha avviato un’indagine formale in merito al reclamo […]. L’indagine esaminerà se Twitter ha o meno assolto i propri obblighi in relazione all’oggetto del reclamo e determinerà se alcune disposizioni del GDPR o del Data Protection Act sono state contravvenute da Twitter in questo senso.

si legge nella lettera.

L’abbreviazione degli URL era stata inizialmente progettata come un modo per risparmiare caratteri all’interno di un tweet, tuttavia si è anche dimostrato uno strumento efficace per raccogliere dati di navigazione. Contattata da The Verge, Twitter ha rifiutato di commentare dicendo solo che è “attivamente impegnata” con la commissione irlandese.