La riforma del copyright è realtà: cosa cambia?
L’approvazione della riforma del copyright, in particolare degli articoli 15 e 17, ha suscitato molti pareri contrari. Ecco cosa comporta.
Con 438 voti favorevoli e 226 contrari, il 26 marzo 2019 la riforma del diritto d’autore nel mercato unico digitale è stata approvata. La tanto discussa riforma del copyright è quindi realtà, come voluto da chi da tempo denuncia l’uso indiscriminato sulla Rete di materiale che dovrebbe essere protetto dal diritto d’autore, con conseguente danno economico per gli editori.
Ad opporsi alla riforma, invece, ci sono i big del Web come Google, Facebook e Apple, insieme a tutte le piattaforme che difendono la libertà di accedere ai contenuti multimediali online. Tra questi anche Wikipedia, che alcuni giorni fa ha oscurato i suoi siti per protesta, e YouTube, che ha lanciato un’iniziativa con l’hashtag #SaveYourInternet.
A dividere le opinioni sono gli articoli 11 e 13 (15 e 17 nella versione finale), anche se la stesura finale ha cercato di venire incontro a tutte le esigenze, per assicurare gli introiti agli editori e garantire la libertà di accesso e condivisione ai materiali multimediali.
Vediamo più nello specifico i contenuti degli articoli.
Articolo 11: accordo tra editori e piattaforme
Secondo l’articolo 11, gli editori di stampa hanno la facoltà di stabilire un accordo economico per l’utilizzo dei propri contenuti (a meno che non si utilizzino “singole parole o estratti brevi”). Gli introiti dovranno poi essere divisi con i giornalisti.
Google si è già pronunciato in merito, dicendo che non firmerà con tutti gli editori, ma li selezionerà attentamente.
Articolo 13: la responsabilità va alle piattaforme
Tramite l’articolo 13, la riforma prevede che sulle piattaforme con contenuti caricati dagli utenti (come YouTube e Wikipedia) siano presenti misure e strumenti “adeguate e proporzionate” per la prevenzione della violazione di copyright. L’articolo sottolinea l’importanza di questo controllo all’interno dell’UE, richiedendo un’azione preventiva per evitare il caricamento di materiali protetti dal diritto d’autore.
Le misure citate si potrebbero tradurre in software e bot per il filtraggio preventivo (come il Content ID presente su YouTube), pensati per riconoscere automaticamente i contenuti, verificarne il copyright e valutarne la validità.
Questo sistema è stato fortemente criticato, dal momento che:
- Le piattaforme dovranno munirsi di licenze per i vari contenuti, ed è difficile, se non impossibile, procurarsi le licenze per tutti i contenuti presenti.
- Per alcune tipologie di contenti non esistono strumenti di filtraggio.
- Sono previste eccezioni per i contenuti satirici, parodistici, critici e di citazione, ed ogni Stato viene ritenuto responsabile per la tutela di tali eccezioni; tuttavia, le eccezioni non sono previste in tutti gli Stati e, cosa più importante, per i sistemi artificiali è praticamente impossibile stabilire se un contenuto rappresenti un’eccezione o meno.
I cambiamenti nella pratica
Alla luce dei contenuti della riforma, ecco quali sono i cambiamenti sostanziali:
- Per poter condividere articoli o parti di essi, servirà una licenza venduta dall’editore.
- Le grandi piattaforme dovranno pagare i contenuti prodotti da altri e saranno ritenute responsabili per le violazioni del diritto d’autore da parte di contenuti ospitati da loro; le piccole e micro piattaforme, invece, non saranno interessate dalla riforma.
- Ai giornalisti spetterà una parte della remunerazione ottenuta dalla casa editrice, mentre gli artisti potranno richiedere un pagamento aggiuntivo qualora il compenso originale sia di molto inferiore rispetto ai guadagni ricavati dall’opera.
- Le piattaforme dovranno istituire procedure rapide di reclamo che siano gestite da persone, in modo da gestire le richieste e i ricorsi per le eliminazioni ingiuste.
- I contenuti caricati su enciclopedie online senza scopi commerciali (vedi Wikipedia) e su piattaforme open source non saranno soggetti alla normativa.
Nonostante il voto, la situazione è tutt’altro che definitiva, visto che il testo potrà essere ancora modificato in seguito ai negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione e che una versione finale si vedrà solo dopo le elezioni europee di maggio.